sabato 27 febbraio 2010
la mia ismene stratos
Avevo cominciato a scrivere in questo blog pensando che avrei parlato di teatro e danza da un punto di vista "teorico". Insomma, volevo fare la maestrina.
Ora mi è venuta a noia quell'impostazione e, d'altra parte, ci sono urgenze che non possono essere ignorate.
Tutto viene da lì: la mia Ismene Stratos.
La mia Ismene è una donna che abita in una milano qualunque, oggi.
E' un'immigrata regolare, ma sempre immigrata è.
Viene dall'Egitto da Alessandria per la precisione, come Demetrios Stratos da cui con timore e ammirazione viene il suo cognome (quello della mia Ismene).
Come Demetrio anche lei è venuta in Italia non per capriccio, ma per necessità.
E poi c'è il suo nome: Ismene, nome di un fiore della famiglia dei narcisi, ma anche di una principessa triste: Ismene figlia di Edipo e sorella di Antigone.
Ismene è l'archivio vivente della storia funesta della sua famiglia.
Resta in vita per poter raccontare: il contrario di Sherazade.
Ritiene che il suo essere sopravvissuta alla famiglia le chiede un prezzo da pagare: raccontare.
Ed ecco che nelle piazze, nelle vie, nei caffè lei racconta la storia. Per non dimenticare. Perchè tutto non vada perduto. Perchè il seme cresca e dia frutto. Perchè dalle lacrime possa nascere la speranza.
Ismene, la mia Ismene, crede nelle storie come strumento educativo, pedagogico, politico. Crede che le storie ci insegnino come fare per vivere tutti.
"mi chiamo Ismene…un nome come un altro, in apparenza….e invece un nome carico di storia, di insegnamenti…C’è un fiore che porta questo nome…un fiore che nasce sulle ande peruviane e che viene considerato il parente più raffinato del narciso…ha una delicata corolla bianca ad ombrello da cui dipartino sottili ed esili i sei petali...ma Ismene è pure il nome di una principessa greca…ma dobbiamo andare indietro nel tempo …prima della scoperta dell’America, prima dell’impero romano, prima …nell’epoca mitica della storia greca c’era una città imponente, Tebe, …nella regione della Beozia…poco sopra l’istmo di Corinto…insomma qui…eh sì qui…perché la Grecia…quella classica…era tutta concentrata in quella penisola greca che si chiama Peloponneso…che sembra una mano rivolta verso il basso … le dita sono la regioni meridionali …mentre Tebe era qui …sopra Corinto e sopra Atene…nella regione più continentale..insomma dicevamo Tebe…Tebe era una città fiorente, potente, influente…attorniata da una possente cinta muraria che consentiva l’accesso attraverso sette porte… Tebe dalle sette porte…dicono…dicono che le porte di Tebe erano imponenti e grandiose……dunque Ismene, la principessa di Tebe…non era molto alta e portava sempre i capelli ramati attorcigliati sopra il capo come una torre…i capelli così acconciati lasciavano scoperto il collo dritto e sottile puntinato da piccole efelidi…da bambina era sempre stata ridente, con le fossette, e si divertiva a tingersi di rosso con le ciliege o il succo di melograno le piccole labbra per dare baci a tutti… e spesso sgattaiolava nelle stanza della regina sua madre e provava i gioielli rimirandosi nel grande specchio di bronzo….Ismene aveva una sorella e due fratelli….Antigone, la sorella, era molto diversa da Ismene, alta alta e secca secca portava gli scuri capelli raccolti con sobrietà…secondo la moda delle città di Sparta…vestiva sempre con pepli, lunghe tuniche, e mantello scuro, e portava spesso il cappuccio sopra il capo… ….le sua altera espressione del viso le conferiva un portamento regale ma anche un aria un po’ troppo altezzosa che incuteva timore a molti dei giovani tebani…i due fratelli si chiamavano Eteocle e Polinice…da bambini robusti erano diventati due ragazzi sportivi e vigorosi, sempre pronti ad azzuffarsi tra di loro…si allenavano come la maggior parte dei giovani tebani alla lotta…erano così uguali che spesso non si riusciva a distinguerli: i capelli ricci pettinati sulla fronte e trattenuti da un larga fascia che cingeva il capo… gli occhi scuri, lucenti adombrati da lunghe ciglia quasi femminee e le orecchie piccole che bilanciavano il naso leggermente adunco …ma alla perfetta somiglianza fisica corrispondeva diversità di temperamento…" (testo di Manuela Ottaviani)
domenica 14 febbraio 2010
danza, teatro e Roy Lichtenstein
L'altro giorno sono stata a vedere la mostra di Roy Lichtenstein alla Triennale, qui, a Milano.
Ecco il sito ufficiale
http://www.lichtensteinfoundation.org/
I suoi quadri sono un omaggio alla produzione artistica di personaggi come matisse, chagall, mondrian, balla etc
Le opere che più mi sono restate nella mente sono red horsemen (1974) e vista with bridge (1966)
( per vedere una galleria delle opera in mostra)
Del primo mi ha colpito la nitidezza del tratto, la semplicità della figura, semplice eppur non semplificata. il modello è il famoso quadro di balla il cavaliere rosso
eppure nel quadro di lichtestein il cavallo e il cavaliere spiccano con un particolare nitore. senza sbavature. come in una foto in cui la chiarezza dei contorni non offusca la sensazione di velocità.
L'altro, il paesaggio, trasmette un senso di tranquillità senza essere statico, la semplicità dello sfondo non diventa monotonia, noia.
Due riflessioni veloci:
1) mi piacerebbe che il lavoro di teatro e danza con i ragazzi fosse come il cavaliere di lichtestein e il suo paesaggio, senza fornzoli, fortemente asciugato ma non per questo banale e riduttivo. fresco e divertente, senza scadere nel banale o dejà vu.
2) comprendo che dietro un'opera di divulgazione (nel senso alto del termine) c'è una grande conoscenza tecnica, espressiva e conoscitiva.
Alla prossima
Ecco il sito ufficiale
http://www.lichtensteinfoundation.org/
I suoi quadri sono un omaggio alla produzione artistica di personaggi come matisse, chagall, mondrian, balla etc
Le opere che più mi sono restate nella mente sono red horsemen (1974) e vista with bridge (1966)
( per vedere una galleria delle opera in mostra)
Del primo mi ha colpito la nitidezza del tratto, la semplicità della figura, semplice eppur non semplificata. il modello è il famoso quadro di balla il cavaliere rosso
eppure nel quadro di lichtestein il cavallo e il cavaliere spiccano con un particolare nitore. senza sbavature. come in una foto in cui la chiarezza dei contorni non offusca la sensazione di velocità.
L'altro, il paesaggio, trasmette un senso di tranquillità senza essere statico, la semplicità dello sfondo non diventa monotonia, noia.
Due riflessioni veloci:
1) mi piacerebbe che il lavoro di teatro e danza con i ragazzi fosse come il cavaliere di lichtestein e il suo paesaggio, senza fornzoli, fortemente asciugato ma non per questo banale e riduttivo. fresco e divertente, senza scadere nel banale o dejà vu.
2) comprendo che dietro un'opera di divulgazione (nel senso alto del termine) c'è una grande conoscenza tecnica, espressiva e conoscitiva.
Alla prossima
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giovedì 11 febbraio 2010
danza educativa - una riflessione sui termini della faccenda
Ogni giovedì ho la mia lezione di danza educativa con le mie bimbe: il corso è composto da bambine dal 6 agli 8 anni, io faccio del mio meglio per condurlo, il corso. L’ho chiamato danza educativa dopo averci pensato molto: danza creativa? danza espressiva? Poi ho optato per questo connubio danza ed educazione. Che non ha nulla a che fare con la didattica intesa in senso strettamente scolastico: svolgimento del programma ministeriale.Da wikipedia leggo “Il significato originale ed etimologico della parola educazione viene dal latino e-ducere che significa letteralmente condurre fuori, quindi liberare, far venire alla luce qualcosa che è nascosto”. Per me la danza è proprio questo: condurre allo svelamento qualcosa che resta nascosto: il ritmo del cuore, il pulsare del sangue, la linfa vitale. Alle mie bimbe dico spesso di non replicare stereotipi di danzatori visti in tv o nei vari corsi di danza classica. Intendiamoci: anche io da piccola ho fatto i miei bei corsi di danza classica. Ma occorre superare la visione della tecnica come fine del performer (fare bene l’esercizio), per puntare alla manifestazione di qualcosa di ineffabile eppure così fortemente fisico: il movimento del corpo, la vita.
Termino citando Isadora Duncan “Gli unici maestri di ballo che potevo avere erano Jean Jacques Rousseau, Wallt Whitman e Nietzsche”
Termino citando Isadora Duncan “Gli unici maestri di ballo che potevo avere erano Jean Jacques Rousseau, Wallt Whitman e Nietzsche”
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eccomi a raccontare e collezionare riflessioni, materiali, suggestioni su come il teatro e la danza possono diventare strumenti espressivi per un contributo etico ed ecologico. Per un impegno educativo consapevole e costruttivo.
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