domenica 20 giugno 2010

orfeo - maicol

la fabula orfica

il mio maicol-orfeo si salverà

lunedì 14 giugno 2010

teofania

Il cellulare si illumina, ma non squilla. Forse hanno sbagliato e riagganciato. Maicol prende in mano il suo telefonino e controlla il display “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO.
Fa spallucce e inizia a digitare un sms per Fernardo. “ALLORA CI VEDIA…” il display si illumina ancora. Forse è la zia che controlla che si sia svegliato e alzato. Maicol fa per rispondere ma di nuovo “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO.
“ma che caz…!” e di nuovo: display illuminato “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO. Qui c’è una stronzo in vena di scherzi. “se lo fa un’altra volta …” Sembra quasi che il burlone lo senta. Questa volta il display si illumina ma si sente anche una voce maschile “pronto? Sei tu Orfeo???” Maicol risponde d’un fiato “ma che Orfeo e Orfeo. Stai attento al numero che digiti, coglione!” e fa per riagganciare. Ma non lo fa e non capisce perché. È come se si aspettasse qualcosa, una reazione del tipo della telefonata; chessò un ‘ma vaffanculo’ un ‘datti una calmata’, uno ‘scusa’. Insomma, una cosa così. E invece dall’altro capo il tizio ride, ride forte, ride con la pancia insomma si sganascia dalle risate. “ma che c’hai da ridere?” Maicol è in difficoltà. “Me l’avevano detto che non hai il senso dell’umorismo” fa quello e continua a ridere come un pazzo.
“Ma che ti ridi? Fai quattro volte il mio numero e poi pretendi di trovare qualcuno disposto a scherzare? ”. Maicol si accorge di parlare come la vicepreside della scuola ‘pretendi’ ‘disposto’ non sono parole che lui usa di solito. Brutto segno.
“Dai non te la prendere! È che mi sono confuso di nome, del resto Maicol che razza di nome è?” poi, sembra quasi che il tipo capisca di aver offeso Maicol e rimedia “volevo dire, che razza di nome è per uno a cui devo annunciare un futuro fantastico con le tue canzoni?”. Questa volta è Maicol che scoppia a ridere; anzi più che scoppiare si rotola a terra e i sussulti della risata gli fanno vibrare il polso con cellulare annesso. Adesso è quello a fare il risentito “beh cosa ridi? Guarda che parlavo sul serio. È che con tutti ‘sti aggeggi moderni non si capisce più nulla. Prima era tutto più semplice: un po’ di luce, un boschetto, un movimento di foglie e con l’auto delle ninfe dei boschi era già bell’ e che pronta un’apparizione, un teofania. Adesso mi tocca usare internet o ‘sto affare con messaggi, immagini video …” Teofania. Maicol conosce solo le vetrofanie che la zia mette alle finestre per natale, slitte, babbi natali, renne, pacchettini, ma non osa chiedere cosa c’entrino quelle figurine con questa telefonata.
Però il tipo parla come un matusa ‘’sti aggeggi moderni’…“Ma quanti anni hai?” la domanda esce spontanea a Maicol. Perché la voce che telefona non è una voce di una persona anziana, sembra un ragazzotto, non più di 20 anni. Anzi Maicol riesce quasi ad immaginarselo: alto, robusto, biondo insomma un gran bel figo. “Questa non è una domanda pertinente” fa il tizio “Orfeo, oh pardon Maicol, come puoi chiedere ‘quanto anni hai’ a un dio?” Maicol vorrebbe ridere ma si accorge di non riuscirci. La risata si trasforma in un singhiozzo nella sua gola. E poi in rabbia: “Fernando piantala, lo scherzo m’ha bell’e che rotto!”. Lo dice con voce alta, ma poco convinto. Quella non è per niente la voce di Fernando: né Fernando è uno capace di pensare e organizzare questo tipo di scherzi. Al massimo un mms con una bella gnocca nuda, ma un dio! È veramente oltre le possibilità di Fernando. Ma Maicol ci prova.
“Non penserai mica che io sia quella mezza sega di Fernando?” la voce ha un tono decisamente offeso, incazzato nero per la precisione. E Maicol non sa più cosa dire. Anche l’altra ipotesi che gli era passata nel cervello è da scartare: aveva pensato a un maniaco. Ma come avrebbe fatto a conoscere il suo numero, il suo nome, la sua passione per la musica, il fatto che abbia iniziato a scrivere canzoni…è tutto assurdo! Sì, ecco, assurdo. Solo così si spiega questa telefonata sgangherata, senza capo né coda. Sembra quasi che il tizio legga i suoi pensieri e lo anticipa togliendolo da quello stato di coma verbale “Ma, insomma non mi chiedi come mi chiamo?” “Come ti chiami?” le parole escono dalle labbra di Maicol prima ancora che le abbia pensate e volute. “Apollo, sono il dio Apollo”.

domenica 6 giugno 2010

Dove si presenta il nipote Maicol e la sua mattinata sabatale

Maicol grugnisce e rutta di piacere nel letto. Con gli occhi socchiusi ha controllato che la zia uscisse. L’ha vista bersi il caffè, andare in bagno e uscirci con l’accappatoio; l’ha vista infilarsi le scarpe e chiudere piano la porta. Girare la serratura. E quando è stato sicuro che la zia fosse uscita (certe volte dopo qualche secondo rientra o per controllare di aver lasciato tutto a posto o per prendere qualcosa che aveva dimenticato) si era lanciato in uno sbadiglio da plantigrado alla fine del letargo, con sonoro adeguato. Poi, per non fare preferenze, si era spostato alla specie suina con grattamenti annessi. I grattamenti sono dovuti, oltre che allo stato di animalità che a quattordici anni ogni individuo deve attraversare per raggiungere la agognata età adulta, al tessuto 70% acrilico del suo pigiama. Di notte a contatto con la coperta di pail poi è un spettacolo pirotecnico. Ed ecco lì ennesima scintilla e un pizzico doloroso sulla coscia destra. Altro grattamento furioso. Adesso Maicol ricorda che ieri ha letto su un ritaglio di giornale che i tessuti sintetici provocano dermatiti, orchiti e altro ancora e aveva consultato il dizionario per capire che cazzo fossero dermatiti, orchiti e altro-ancora. Ma non aveva preso ancora nessuna decisione. Lui è sempre lento a decidersi. Ma adesso ha il quadro chiaro, si sfila con determinazione il pantalone e lo getta a terra. Stessa fine alla maglia senonché il filo dell’auricolare sinistro si incastra nel bottone e esce dall’orecchio “merda!”. Vive così tanto con quell’affare infilato nel condotto uditivo che se lo dimentica spesso quando fa manovre di vestizione/vestizione. In boxer Clavin Klin e canotta si rimette sotto le lenzuola. La sera prima di addormentarsi nasconde il lettore mp3 sotto il cuscino e la mattina si infila gli auricolari con un breve movimento di pollice e indice. E la musica gli inonda il cervello. E anche questa mattina quando ha osservato la zia prepararsi aveva la musica nella testa.

testodi Manuela Ottaviani