Il cellulare si illumina, ma non squilla. Forse hanno sbagliato e riagganciato. Maicol prende in mano il suo telefonino e controlla il display “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO.
Fa spallucce e inizia a digitare un sms per Fernardo. “ALLORA CI VEDIA…” il display si illumina ancora. Forse è la zia che controlla che si sia svegliato e alzato. Maicol fa per rispondere ma di nuovo “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO.
“ma che caz…!” e di nuovo: display illuminato “UNA CHIAMATA PERSA”. CHIAMATA SCONOSCIUTA. NUMERO PRIVATO. Qui c’è una stronzo in vena di scherzi. “se lo fa un’altra volta …” Sembra quasi che il burlone lo senta. Questa volta il display si illumina ma si sente anche una voce maschile “pronto? Sei tu Orfeo???” Maicol risponde d’un fiato “ma che Orfeo e Orfeo. Stai attento al numero che digiti, coglione!” e fa per riagganciare. Ma non lo fa e non capisce perché. È come se si aspettasse qualcosa, una reazione del tipo della telefonata; chessò un ‘ma vaffanculo’ un ‘datti una calmata’, uno ‘scusa’. Insomma, una cosa così. E invece dall’altro capo il tizio ride, ride forte, ride con la pancia insomma si sganascia dalle risate. “ma che c’hai da ridere?” Maicol è in difficoltà. “Me l’avevano detto che non hai il senso dell’umorismo” fa quello e continua a ridere come un pazzo.
“Ma che ti ridi? Fai quattro volte il mio numero e poi pretendi di trovare qualcuno disposto a scherzare? ”. Maicol si accorge di parlare come la vicepreside della scuola ‘pretendi’ ‘disposto’ non sono parole che lui usa di solito. Brutto segno.
“Dai non te la prendere! È che mi sono confuso di nome, del resto Maicol che razza di nome è?” poi, sembra quasi che il tipo capisca di aver offeso Maicol e rimedia “volevo dire, che razza di nome è per uno a cui devo annunciare un futuro fantastico con le tue canzoni?”. Questa volta è Maicol che scoppia a ridere; anzi più che scoppiare si rotola a terra e i sussulti della risata gli fanno vibrare il polso con cellulare annesso. Adesso è quello a fare il risentito “beh cosa ridi? Guarda che parlavo sul serio. È che con tutti ‘sti aggeggi moderni non si capisce più nulla. Prima era tutto più semplice: un po’ di luce, un boschetto, un movimento di foglie e con l’auto delle ninfe dei boschi era già bell’ e che pronta un’apparizione, un teofania. Adesso mi tocca usare internet o ‘sto affare con messaggi, immagini video …” Teofania. Maicol conosce solo le vetrofanie che la zia mette alle finestre per natale, slitte, babbi natali, renne, pacchettini, ma non osa chiedere cosa c’entrino quelle figurine con questa telefonata.
Però il tipo parla come un matusa ‘’sti aggeggi moderni’…“Ma quanti anni hai?” la domanda esce spontanea a Maicol. Perché la voce che telefona non è una voce di una persona anziana, sembra un ragazzotto, non più di 20 anni. Anzi Maicol riesce quasi ad immaginarselo: alto, robusto, biondo insomma un gran bel figo. “Questa non è una domanda pertinente” fa il tizio “Orfeo, oh pardon Maicol, come puoi chiedere ‘quanto anni hai’ a un dio?” Maicol vorrebbe ridere ma si accorge di non riuscirci. La risata si trasforma in un singhiozzo nella sua gola. E poi in rabbia: “Fernando piantala, lo scherzo m’ha bell’e che rotto!”. Lo dice con voce alta, ma poco convinto. Quella non è per niente la voce di Fernando: né Fernando è uno capace di pensare e organizzare questo tipo di scherzi. Al massimo un mms con una bella gnocca nuda, ma un dio! È veramente oltre le possibilità di Fernando. Ma Maicol ci prova.
“Non penserai mica che io sia quella mezza sega di Fernando?” la voce ha un tono decisamente offeso, incazzato nero per la precisione. E Maicol non sa più cosa dire. Anche l’altra ipotesi che gli era passata nel cervello è da scartare: aveva pensato a un maniaco. Ma come avrebbe fatto a conoscere il suo numero, il suo nome, la sua passione per la musica, il fatto che abbia iniziato a scrivere canzoni…è tutto assurdo! Sì, ecco, assurdo. Solo così si spiega questa telefonata sgangherata, senza capo né coda. Sembra quasi che il tizio legga i suoi pensieri e lo anticipa togliendolo da quello stato di coma verbale “Ma, insomma non mi chiedi come mi chiamo?” “Come ti chiami?” le parole escono dalle labbra di Maicol prima ancora che le abbia pensate e volute. “Apollo, sono il dio Apollo”.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento