martedì 7 settembre 2010

Clitemnestra romana

La telefonata sul cellulare l’aveva colta così, mentre seduta nel negozio stava provando un paio di sandali dal tacco alto con un numero impressionante di laccetti che salivano su dalle dita del piedi sino al polpaccio. Erano in cuoio naturale. Erano cinque giorni che passava davanti a quella vetrina di via del Tritone dove li aveva trovati, ma non si era subito decisa ad entrarci. Clitemnestra aveva visto quei sandali ai piedi della compagna del suo ex marito e un solo pensiero aveva continuato a girarle per la testa: voleva anche lei quei sandali. Aveva girato come un segugio tutta Roma con l’odore di cuoio nelle narici. Come una forsennata aveva camminato e camminato con una sola immagine negli occhi: i sandali di Cassandra. E quando li aveva visti lì, in via del tritone, dove passava tutti i giorni quasi quasi non ci credeva. Erano sempre stati lì e lei non li aveva mai notati. Era rimasta a guardarli ipnotizzata per quasi dieci minuti tanto che la commessa si era affacciata alla porta e l’aveva fissata: solo a quel punto Clitemnestra aveva capito che forse era il caso di andarsene da quella vetrina. Ma si era segnata sull’agenda il nome del negozio e il civico “Calzature Pellini” via del Tritone 50. A casa ci era tornata in tranche e il giorno dopo era uscita di casa e con la metropolitana era tornata al negozio. E poi il giorno dopo e quello dopo ancora. Poi non ce l’aveva fatta più e aveva deciso che il venerdì mattina sarebbe entrata. Era arrivata davanti al negozio alle 9.30 e l’aveva trovato ancora chiuso. Si era allora concessa un caffè al bar dell’angolo: 2 euro di caffè e aveva aspettato le 10.10 per uscirne. La porta del negozio di scarpe era aperta e il cicalino aveva avvertito anche lei che non era un sogno, ma che stava realmente entrando nel negozio. L’operazione sandali entrava nella sua fase cruciale. La commessa le si era fatta incontro con un sorriso e prima ancora che lei parlasse le aveva chiesto “che numero, signora?” “38”. La ragazza si era diretta nel retro ed era ricomparsa con una scatola da stivale aperta; dentro i sandali in cuoio con i laccetti. “sono molto belli” aveva aggiunto mostrando il piercing sulla lingua “vanno a ruba. Questo è l’ultimo paio del suo numero. Abbiamo anche le mezze misure se le occorrono”. Clitemnestra si era seduta sul divanetto di pelle nera e aveva toccato per la prima volta i sandali. Eccoli! Proprio quelli di Cassandra, li riconosceva, erano proprio loro! La sera prima si era stesa lo smalto rosso tiziano sulle unghie dei piedi, smalto che aveva acquistato per l’occasione lo stesso pomeriggio in una profumeria vicino casa. Voleva essere pronta per quei sandali. Voleva essere alla altezza.
“La lascio provarli con calma” la giovane commessa si era allontanata verso un’altra cliente e Clitemnestra si era accorta che stava piangendo. Come si sentiva ridicola: con in mano un saldalo di cuoio con i laccetti seduta con un piede scalzato. Ed ecco che il cellulare aveva suonato. Ifigenia, sua figlia.
“pronto?”
“pronto mamma, scusami ma qui a casa sono arrivate due signore che ti cercano. Mi hanno citofonato e voglio proprio parlare con te,. Io non le ho fatte salire”
Clitemnestra aveva lasciato cadere il sandalo sulla moquette del negozio. La commessa si era voltata verso di lei con un sorriso interrogativo. Lei aveva risposto con un espressione di scuse. Poi si era voltata verso l’espositore di scarpe e aveva sussurrato nel telefono “chi sono?”
“non lo so mamma. Si chiamano Penelope e … (si sentì qualcuno che suggeriva e quindi di nuovo la voce leggera della figlia) Circe. Dicono che è importante che devono assolutamente parlare con te, mamma cosa faccio?”
Circe, questo nome non le diceva nulla, ma Penelope sì. Era la moglie di quel bastardo di Odisseo. Cosa diavolo volevano ancora da lei?
Aveva raggiunto la porta d’uscita infilandosi alla bella e meglio la ballerina nera. Rivolta alla commessa aveva detto “scusi, ma è un’emergenza” e poi alla figlia “non preoccuparti. Tu non dire niente a quelle due signore e non farle salire. Io arrivo subito”.