mercoledì 27 ottobre 2010

UN MARE DI RICORDI

Nausicaa guardò lo schermo e non sentiva più nulla. Silenzio radio, silenzio trasmissioni audio, silenzio eterno. “Ma cosa fai lì impalata?” la madre le scuoteva il braccio e Nausicaa non le rispondeva; “Allora è lui o non è lui?”. Sua madre rideva maliziosa con le sue amiche, di quella malizia da adolescenti avvizzite. Indecente. Ridevano, ma lei non sentiva le loro risate. Vedeva solo le loro labbra stese da un angolo all’altro della faccia, i denti in mostra e gli occhi strizzati. Sua madre stava dicendo qualcosa, qualcosa di buffo sicuramente, perché le sue amiche ridevano. Anzi aveva sicuramente detto qualcosa di spiritoso su di lei, Nausicaa, perché le donna ridevano e la guardavano. Poi la voce era tornata a farsi udire dalle sue orecchie “Nausicaa, racconta di quando quell’uomo diceva di essere stato persino nella terra del fuoco? Ah che racconta frottole che era. Però era un affascinante narratore”. “Mamma, piantala” Nausicaa non era in vena di scherzi.
Lei si era innamorata di quell’uomo, un paio d’anni prima. E aveva creduto di poter scappare con lui nei paesi del Nord, dell’estremo nord d’Europa. Anzi l’avevano persino programmato e organizzato con tanto di dettagli: giorno, ora di partenza, modo di viaggio, tappe e altro. Poi un giorno lui non le aveva risposto più al cellulare. La stanza che occupava al residence dove soggiornava era libera e vuota. E non aveva lasciato detto dove era andato. Ed erano passati due anni. Ed ora, quel volto sulla schermo del televisore, così, esposto a tradimento l’aveva fatta vergognare. Uno schiaffo. Perché Nausicaa non lo aveva dimenticato, no, non lo aveva dimenticato. E un rancore sordo le cresceva dentro. “Mamma, piantala” aveva ripetuto Nausicaa a sua madre, questa volta urlandoglielo in faccia, gli occhi pieni di lacrime e il collo teso in avanti. Una furia. E si era precipitata in camera chiudendo a chiave. Era agitata, anzi agitatissima. Si infilò di corsa le scarpe da tennis un maglione qualsiasi sulle spalle e correndo aveva attraversato il corridoio, raggiunto le scale e sbattuto con forza la porta di casa. Fuori, fuori. Doveva calmarsi.

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